trattamento acqua - 02/2020
Il processo di clorazione dell’acqua può produrre sostanze tossiche per il corpo umano.
Secondo uno studio condotto dall’Università John Hopkins e dall’Università
di Berkeley, miscelare l’acqua con il cloro, il metodo
più comune per disinfettare l’acqua e renderla potabile, crea
sottoprodotti tossici che finora non erano mai stati identificati.
I risultati dei ricercatori sono stati pubblicati sulla rivista Environmental
Science & Technology e, sebbene non mettano in dubbio i benefici del
cloro, mostrano come il processo di clorazione dell’acqua (che elimina
batteri e virus potenzialmente fatali) possa creare dei sottoprodotti
dei fenoli potenzialmente molto dannosi.
La clorazione dell’acqua ha salvato milioni di vite in tutto il
mondo da malattie come il tifo e il colera. Tuttavia, la nuova
ricerca mette in dubbio la reale necessità di tale processo.
Infatti, quando i fenoli (composti chimici che si trovano naturalmente
nell’ambiente) si mescolano con il cloro, il processo crea un
gran numero di sottoprodotti, ancora non del tutto rilevabili e identificabili
attraverso gli attuali metodi di chimica analitica,
che potrebbero causare spiacevoli conseguenze a lungo termine sulla
salute umana.
Il gruppo di ricerca ha utilizzato una tecnica comunemente impiegata
nel campo della tossicologia per identificare i composti in base alla
loro reazione con biomolecole come il DNA e le proteine. Nello specifico,
hanno aggiunto Na-acetil-lisina, quasi identica all’amminoacido
lisina che costituisce molte proteine del nostro corpo, per rilevare
la presenza di elettrofili reattivi, composti dannosi che sono stati
collegati a una varietà di malattie.
I ricercatori hanno prima clorato l’acqua, usando
gli stessi metodi impiegati commercialmente per l’acqua potabile,
e in un secondo momento hanno aggiunto Na-acetil-lisina usando la spettrometria
di massa per rilevare gli elettrofili, che hanno reagito con l’amminoacido.
Il loro esperimento ha così individuato due
sottoprodotti del BDA, un composto molto tossico e cancerogeno che non
era mai stato individuato nell’acqua clorata.
I risultati, dunque, sollevano la questione di metodi alternativi alla clorazione dell’acqua, compreso l’uso dell’ozono, del trattamento UV o della filtrazione semplice. “In altri paesi, in particolare in Europa, la clorazione non viene utilizzata con la stessa frequenza e l’acqua è comunque sicura. A mio avviso, dobbiamo valutare quando la clorazione dell’acqua è realmente necessaria per proteggere la salute e quando potrebbero esserci approcci alternativi migliori“, ha spiegato Carsten Prasse, Università John Hopkins.
Fonte: http://www.rinnovabili.it 29/01/2020/