L’efficacia del sistema di trattamento dell’acqua con dispositivi anticalcare a magneti permanenti è provata da diverse indagini, effettuate da istituti di ricerca, che testano gli anticalcare magnetici all’opera.
Di seguito si riporta il rapporto di un’indagine, effettuata dall’Istituto Ricerche Breda, su un acceleratore ionico (o anticalcare magnetico) di produzione dell’azienda ELCLA.

 

ISTITUTO RICERCHE BREDA
Rapporto Tecnico 94031/PA/208

Indagine dell’efficienza di una apparecchiatura dichiarata idonea a ridurre la capacità incrostante delle acque sottoposte a scambio termico.

Richiesta dalla Spett.le ELCLA s.a.s. il 17 marzo 1994.

Il Relatore: Pietro Buscaini
Il Responsabile di Reparto: dr. Giovanni Stella

 

1. Scopo e Oggetto dell’indagine
Oggetto dell’indagine è una apparecchiatura, di produzione della Richiedente e denominata acceleratore ionico “GAMA” (di seguito denominata acceleratore ionico), in grado di generare campi magnetici permanenti. Tale apparecchiatura, a detta dei Tecnici della Richiedente, è utilizzabile per diminuire il potere incrostante delle acque sottoposte a scambio termico, senza alterare le caratteristiche chimico-fisiche originali.

Era richiesto di sottoporre l’acceleratore ionico in oggetto ad una serie di prove per verificarne il funzionamento.

 

2. Modalità di prova
In accordo con i Tecnici della Richiedente sono state effettuate due tipi di prove:

2.1. la prima in condizioni statiche, dove sono stati utilizzati palloni di vetro, preventivamente pesati, nei quali veniva portata all’ebollizione una quantità nota di acqua di acquedotto preventivamente sottoposta a trattamento con l’acceleratore ionico: l’ebollizione veniva mantenuta per 5 minuti poi l’acqua veniva sostituita e riportata in ebollizione, il ciclo era ripetuto 10 volte.
Per confronto veniva condotta una prova, nelle identiche condizioni precedenti, utilizzando acqua di acquedotto non sottoposta a trattamento.

2.2. la seconda prova è stata condotta in condizioni dinamiche, utilizzando due circuiti, costituiti da due tubi di rame, uno con inserito l’acceleratore ionico e l’altro di confronto in cui fluiva acqua senza trattamento. L’acqua all’interno dei circuiti era mantenuta a circa 80/90°C e periodicamente il flusso veniva interrotto, per avvicinarsi, per quanto possibile, alle condizioni reali di funzionamento di un impianto di produzione di acqua calda.

Aspetto dei contenitori dopo la prova in condizioni statiche, a destra 
          quello dell’acqua trattata.Fig. 1 Aspetto dei contenitori dopo la prova in condizioni statiche, a destra quello dell’acqua trattata.

3. Risultati delle prove

3.1 Condizioni statiche
Al termine della prova, eseguita come specificato al punto 2.1., i contenitori di vetro sono stati pesati e documentati.
Il contenitore contenente acqua trattata con l’acceleratore ionico ha fatto riscontrare un deposito di 18.7 mg, mentre quello contenente acqua tal quale ha fatto registrare un deposito di 42.3 mg.

La figura 1 mostra l’aspetto visivo dei due contenitori al termine della prova, ove si evidenzia che in quello contenente acqua trattata con l’acceleratore ionico (a destra nella foto) il deposito residuo è limitato al fondo e lungo la linea di interfase acqua/aria, mentre in quello contenente acqua non trattata il residuo è depositato lungo tutta la superficie di contatto con l’acqua.

 

3.2. Condizioni dinamiche
Al termine della prova, condotta come specificato al punto 2.2., i tubi di rame venivano sezionati longitudinalmente e ispezionati.
Ambedue i tubi presentavano un deposito lungo le pareti, l’aspetto di tale deposito era però diverso nei due casi; quello in cui fluiva acqua trattata con l’acceleratore ionico era di tipo polverulento ed incoerente, mentre quello in cui fluiva acqua non trattata era più compatto e, sollecitato, si staccava dal tubo.

Pertanto si decideva di approfondire l’indagine per stabilire la natura del deposito.
A questo proposito i depositi venivano sottoposti ad analisi cristallografiche per mezzo della diffrazione dei raggi X (metodo delle polveri di Debye-Scherrer).
Ambedue i depositi mostravano lo stesso abito cristallino, ovvero i depositi erano costituiti, nella quasi totalità, da Aragonite.
Una ulteriore indagine morfologica condotta attraverso il microscopio elettronico a scansione, mostrava invece che i due tipi di deposito erano diversi, come mostrato nelle figure 2 e 3.
Più precisamente quello proveniente dal circuito senza trattamento era formato da cristalli prismatici più regolari e compatti (fig. 2), mentre quello proveniente dal circuito con inserito l’acceleratore ionico mostrava cristalli meno regolari, più aciculari e meno compatti (fig. 3).

In pratica l’azione dell’acceleratore ionico è stata quella di rendere il deposito meno compatto e quindi più facilmente asportabile dal flusso.

Morfologia del deposito lasciato dall’acqua non trattata.Fig. 2 Morfologia del deposito lasciato dall’acqua non trattata.
Morfologia del deposito lasciato dall’acqua trattata con l’acceleratore 
          ionico.Fig. 3 Morfologia del deposito lasciato dall’acqua trattata con l’acceleratore ionico.